Gli stadi di sviluppo nella teoria di Piaget
Nella sua teoria Piaget individua degli stadi di sviluppo mentale che sono sei e li definisce come: “stadio dei riflessi o meccanismi ereditari, delle prime tendenze istintive (alimentari) e delle prime emozioni, stadio delle prime abitudini motorie e delle prime percezioni organizzate, così come dei primi sentimenti differenziati, stadio dell’intelligenza sensomotoria o pratica (anteriore al linguaggio), delle organizzazioni affettive elementari e delle prime fissazioni esterne dell’affettività, stadio dell’intelligenza intuitiva, dei sentimenti interindividuali spontanei, e dei rapporti sociali di subordinazione all’adulto (dai due ai sette anni o seconda fase dell’infanzia),stadio delle operazioni intellettuali concrete (inizio della logica) e dei sentimenti morali e sociali di cooperazione (dai sette agli undici-dodici anni), stadio delle operazioni intellettuali astratte, della formazione della personalità e dell’inserimento affettivo ed intellettuale nel mondo degli adulti (adolescenza)”[1].
In questo lavoro ci concentreremo sui primi cinque stadi, poiché sono quelli che riguardano appunto il bambino. I primi tre stadi sono quelli che insieme costituiscono il periodo della prima infanzia, dalla nascita ai due anni circa e sono talvolta più semplicemente riuniti sotto il nome di “stadio sensomotorio”.
2.2 Lo stadio sensomotorio
Durante questo primo stadio chiamato “sensomotorio” il bambino utilizza i sensi e le abilità motorie per scoprire il mondo esterno e per entrare in relazione con gli altri, in questa fase il bambino non distingue se stesso dal mondo esterno e per questo motivo è considerata la fase dell’egocentrismo; attraversando questo stadio in maniera corretta, il bambino giungerà alla conquista del mondo esterno, ovvero alla rappresentazione degli oggetti esterni e alla simbolizzazione. Lo stadio sensomotorio si caratterizza per i seguenti aspetti: “la risposta del bambino piccolo alla realtà è di tipo sensoriale e motorio, il bambino reagisce al presente immediato, non fa progetti e non si propone scopi, il bambino non ha una rappresentazione interna degli oggetti, non possiede immagini mentali né parole che possono essere manipolate mentalmente”[2].
2.3 Sottostadi dell’intelligenza sensomotoria
L’intelligenza sensomotoria si sviluppa in sei sottostadi; il primo sottostadio è quello dell’esercizio dei riflessi e riguarda il primo mese di vita. I riflessi sono reazioni innate e si realizzano ad esempio nella suzione e nella prensione, il bambino succhia tutto ciò che gli capita e stringe tutto ciò che tocca il palmo della sua mano, durante questo primo mese di vita il bambino è chiuso in quello che prima abbiamo definito egocentrismo poiché egli non ha nessuna consapevolezza né di se stesso né degli altri.
2.3.1 Le reazioni circolari primarie
Tra il primo e il quarto mese di vita si presenta quello che Piaget definisce stadio delle reazioni circolari primarie: quando un’azione del bambino produce un risultato interessante, il bambino tende a ripeterla nuovamente, ma le azioni in questo stadio sono ancora tutte concentrate sul corpo dell’infante. Un esempio di azione che si ripete è quella della suzione del pollice, che da azione casuale e occasionale, diventa azione abituale.
2.3.2 Le reazioni circolari secondarie
Tra il quarto e ottavo mese di vita il bambino comincia ad interessarsi alla realtà esterna, questo è chiamato stadio delle reazioni circolari secondarie poiché il bambino cerca di ripetere le azioni che hanno in precedenza prodotto un risultato interessante nell’ambiente esterno. Il bambino ad esempio durante questo stadio riesce a scansare un fazzoletto che gli ricopre il viso, oppure cerca un oggetto che è nascosto parzialmente da un ostacolo.
2.3.3 Coordinazione degli schemi secondari
Tra gli otto e i dodici mesi avviene “la coordinazione degli schemi secondari e la loro applicazione alle situazioni nuove”[3], ovvero il bambino per raggiungere uno scopo utilizza degli schemi già esistenti, ma li applica ad una nuova situazione. In questo stadio cresce l’interesse per il mondo esterno e per la novità, inizia ad esplorare ed a battere, strofinare, scuotere e lanciare gli oggetti per conoscerli meglio, ma il bambino vede ancora la realtà come un prolungamento della sua azione.
2.3.4 Reazioni circolari terziarie
Tra i dodici e i diciotto mesi vi è la scoperta di schemi mentali nuovi per mezzo delle reazioni circolari terziarie: quando il bambino scopre un risultato interessante in seguito alla sua azione, non si limita soltanto a ripetere l’azione, ma la varia e la modifica per fare ulteriori esperienze. Piaget ha individuato tre comportamenti tipici di questo stadio: avvicinare un oggetto lontano utilizzando un supporto, utilizzare una cordicella per tirare un oggetto che vuole raggiungere ed utilizzare un bastone per ottenere un oggetto lontano dal suo campo di prensione.
2.3.5 La permanenza dell’oggetto
Tra i diciotto ed i ventiquattro mesi il bambino riesce addirittura ad anticipare mentalmente l’effetto di una sua azione e riesce a prevederne il successo ed il fallimento, le azioni vengono così interiorizzate e rappresentate mentalmente. Giunti a questo stadio l’oggetto diventa permanente, è dotato di esistenza propria ed inoltre il bambino acquisisce la nozione di tempo, spazio e causalità.
2.4 Lo stadio preoperatorio
Lo stadio che Piaget definisce e che abbiamo prima definito dell’intelligenza intuitiva, dei sentimenti interindividuali spontanei, e dei rapporti sociali di subordinazione all’adulto (dai due ai sette anni o seconda fase dell’infanzia), è anche detto più semplicemente “stadio preoperatorio”.
Durante questo stadio il bambino impara ad associare gli oggetti a delle immagini mentali e questo processo è chiamato “rappresentazione”, quindi gli oggetti possono essere evocati anche quando assenti. E’ inoltre questo lo stadio in cui si manifesta nel bambino l’imitazione differita, ovvero egli riproduce un modello mentale qualche tempo dopo che l’ha percepito e sempre durante questo stadio si verifica la manifestazione del gioco simbolico, ovvero il bambino dà agli oggetti delle funzioni diverse da quelle che sono loro proprie, per esempio una scopa può diventare un cavallino o un treno. Arrivato a questa fase il bambino impara anche ad utilizzare il linguaggio e quindi dimostra di saper utilizzare degli schemi verbali.
Secondo Piaget, caratteristico di questo stadio è l’egocentrismo intellettuale, poiché il bambino non comprende che la realtà può presentarsi agli altri diversa da come lui la percepisce. Per dimostrare questa forma di egocentrismo Piaget sottopone i bambini al compito “delle tre montagne “. Il compito mostra tre montagne viste da una prospettiva frontale e da una prospettiva dall’alto, a questo punto si chiede al bambino di scegliere da una serie di fotografie del panorama quella che corrisponde ad una prospettiva diversa dalla propria: bambini di età inferiore ad otto anni non sono capaci di immaginare quale potrebbe essere la prospettiva di un’altra persona. Per questo motivo le azioni mentali in questo stadio sono definite da Piaget rigide ed irreversibili ed il pensiero è definito prelogico o intuitivo.
2.5 Lo stadio operatorio concreto
Quello che Piaget definisce stadio delle operazioni intellettuali concrete (inizio della logica) e dei sentimenti morali e sociali di cooperazione (dai sette agli undici-dodici anni) è anche più semplicemente detto stadio operatorio concreto, poiché le azioni mentali a questa età diventano operazioni concrete e sono caratterizzate dalla reversibilità, infatti il bambino riesce a risolvere i compiti di conservazione. Un compito classico di conservazione consiste nel chiedere al bambino di dare una forma specifica ad una certa quantità di plastilina e successivamente chiedere al bambino se la quantità di plastilina è uguale a quella iniziale oppure è cambiata dopo aver assunto una forma diversa. Il bambino che si trova nello stadio operatorio concreto riesce a comprendere che la quantità di plastilina non è cambiata.
Questa età del bambino è anche quella che coincide con la scolarizzazione ed è proprio quest’ultima che segna una svolta decisiva nello sviluppo mentale del bambino. La scolarizzazione è particolarmente importante per quel che riguarda la socializzazione, infatti il bambino dopo i sette anni è in grado di cooperare, poiché non confonde più il proprio punto di vista con quello degli altri bensì li dissocia per coordinarli[4]. Essenziale quindi è il fatto che il bambino di sette anni comincia a liberarsi dall’egocentrismo sociale ed intellettuale e diviene capace di nuove coordinazioni sia per quanto riguarda l’intelligenza che l’affettività. L’affettività tra i sette e i dodici anni è caratterizzata dall’ apparizione di nuovi sentimenti morali e soprattutto dall’organizzazione della volontà, il che porta ad una migliore integrazione dell’io e ad una regolazione più efficiente della vita affettiva[5].
2.6 Lo stadio operatorio formale
Quello che Piaget chiama stadio delle operazioni intellettuali astratte, della formazione della personalità e dell’inserimento affettivo ed intellettuale nel mondo degli adulti (adolescenza) è anche definito come stadio operatorio formale. Caratteristica fondamentale di questo stadio è il formarsi del pensiero ipotetico-deduttivo, il quale permette di compiere operazioni logiche su premesse puramente ipotetiche, infatti l’adolescente in questo stadio deve saper ragionare anche su situazioni che non sono conosciute in prima persona e che non può manipolare e osservare direttamente.
L’adolescente inizia così a pensare agli ideali, ai valori, al futuro. A questa età l’adolescente riesce a risolvere in maniera più sistematica il compito del pendolo, infatti per spiegarsi da cosa dipenda la frequenza di oscillazione del pendolo, egli formula un’ipotesi su quale sia il fattore determinante e mette alla prova tutte le diverse possibilità.
A partire dagli anni Settanta, i modelli stadiali sono entrati in una fase di declino, infatti sono state mosse numerose critiche alla teoria di Piaget. Le critiche si sono concentrate in primo luogo sulle età di transizione tra gli stadi che Piaget aveva evidenziato. Come hanno sottolineato Donaldson e altri, quando si valuta in un bambino la presenza di una nuova abilità cognitiva, l’età di acquisizione rilevata non dipende solo dal fatto che la struttura cognitiva interessata sia pronta (come riteneva Piaget) ma anche dalle caratteristiche del compito di valutazione, vale a dire dalla complessità del procedimento e dalla natura delle istruzioni impiegate
[1]J.Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino,Giulio Einaudi, Torino 2000, p 13.
[2]L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello sviluppo, op. cit.,p 92.
[3]L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello sviluppo, op. cit.,p 94.
[4]J.Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino,op. cit., p 47.
[5]Ibidem,p 63.
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