Il XVIII secolo ha rappresentato un periodo di enorme significato per lo sviluppo della psicologia. Da un lato molte idee suggestive emerse nel XVII secolo si cristallizzarono in separate Wissenschaften,
o discipline scientifiche, tra le quali viene fatta rientrare anche la psicologia; dall’altro lato si assiste al sorgere di movimenti di protesta contro l’imposizione nello studio della mente umana di metodi ed assunti delle scienze fisiche.
I punti di riferimento della nuova corrente di pensiero, l’Illuminismo, che finirà per dominare in Inghilterra, in Germania ed in Francia, saranno Newton e John Locke (1632-1704).
Quest’ultimo nega che possano esistere idee innate «impresse nella mente dell’uomo, che l’anima riceve agli albori della sua esistenza e porta con sé nel mondo» (come l’idea di Dio o dell’infinito, i principi logici, come quello di non contraddizione, i principi morali universali).
La mente umana viene cioè concepita alla nascita come una tabula rasa che viene plasmata dalle impressioni dei sensi in maniera simile a un mastice. Tutto quello che successivamente ritroviamo in essa deriva essenzialmente dall’esperienza. L’empirismo moderno vedrà poi tra i suoi principali esponenti Berkeley, Hume e Hartley, cui si deve l’amplificazione e il consolidamento delle teorie del loro predecessore
Locke.